Notte oscura
http://angelo.montonati.it/santi-e-beati/51/la-notte-oscura/
Angelo Montonati
giornalista e scrittore
La “notte oscura”
Nella vita dei santi si manifesta quella che un grande mistico come san Giovanni della Croce ha chiamato “notte oscura”, cioè un’esperienza spirituale difficile e angosciante, in cui si alternano smarrimento, aridità, impotenza, dolore e disperazione; una notte dello spirito e dei sensi attraverso cui l’inferno o il purgatorio dell’anima sono un passaggio obbligato verso il paradiso dell’illuminazione spirituale e della perfetta unione d’amore con Dio.
La grande Teresa d’Avila, nel pieno della sua attività di riforma del Carmelo, la sperimentò: «Allora», racconta nella Vita, l’autobiografia da lei intitolata “Delle misericordie di Dio”, «mi dimenticavo le grazie ricevute delle quali mi rimaneva soltanto un ricordo come di un sogno lontano che accresceva la mia pena. L’intelligenza si offuscava ed io mi trovato avvolta in mille dubbi e ansietà. Mi pareva di non saper ben capire ciò che accadeva in me, dubitavo che non si trattasse d’altro che di immaginazioni mie. E allora pensavo: perché trarre in inganno anche gli altri? Non era forse sufficiente che fossi ingannata io sola? E intanto diventavo così pessima ai miei occhi da credere che tutti i mali e le eresie che desolavano il mondo fossero un effetto dei miei peccati».
A volte sperimentava le tentazioni più strane nei momenti in cui la tensione spirituale sarebbe dovuta essere più intensa: un giorno, antivigilia della solennità del Corpus Domini, la sua mente si riempì di pensieri frivoli, rimanendo come inceppata, non più padrona di sé: «Mi pareva», confesserà, «che i demoni giocassero alla palla con l’anima mia, senza che potessi sottrarmi alle loro mani».
La stessa cosa capitava all’altra grande carmelitana, Teresa del Bambino Gesù, che ne parla diffusamente nella sua Storia di un’anima: «Nei giorni felici del tempo pasquale», scrive, «Gesù mi fece sentire che esistono veramente delle anime che non hanno la fede, che per abuso delle grazie perdono questo dono prezioso, questa sorgente delle gioie pure e vere. Egli permise che la mia anima fosse invasa dalle tenebre più fitte, e che il pensiero del Cielo, così dolce per me, diventasse un argomento di lotta e di tormento… Questa prova non doveva durare solo qualche giorno o qualche settimana, bensì era destinata a durare fino al momento deciso da Dio e… questo momento non è ancora arrivato… Vorrei poter esprimere ciò che sento ma, ahimè, penso che sia impossibile. Bisogna aver viaggiato in questa cupa galleria per capirne l’oscurità. […] Quando voglio far riposare il mio cuore, affaticato dalle tenebre che lo circondano, il mio tormento diventa più grande per il ricordo del paese luminoso al quale aspiro; ho l’impressione che le tenebre, assumendo la voce dei peccatori, si prendano gioco i me dicendomi: “Tu sogni la luce, una patria avvolta nei più soavi profumi; tu sogni il possesso eterno del Creatore di tutte queste meraviglie; tu credi che un giorno ti libererai dalle nebbie che ti circondano! Avanti, avanti, rallegrati della morte, che ti darà non ciò che speri, ma una notte ancor più profonda, la notte del nulla”». Era il 5 aprile 1896, giorno di Pasqua: la prova sarebbe durata altri 18 mesi, fino alla morte della santa.
Drammatica fu l’esperienza di un’altra mistica di straordinario spessore, santa Maria Maddalena de’ Pazzi: anche lei dovette affrontare cinque durissimi anni di prova, raccontati nel libro della Probazione, durante i quali le toccò lottare contro il demonio e affrontare tentazioni di ogni genere – contro la purezza e l’umiltà, tentazioni di gola e di disperazione – sperimentando la completa aridità spirituale. Ad un certo punto fu assalita dal dubbio di avere sbagliato tutto scegliendo la vita claustrale e le venne insinuato di gettare l’abito e di tornarsene a casa.
Al culmine di queste prove, si trovò in preda alla disperazione: arrivò a credere di non salvarsi, si sentiva dannata e un giorno fu trovata persino con una corda al collo perché voleva suicidarsi. Poi il Signore le affidò una missione importante, quella di contribuire – attraverso la comunicazione di speciali rivelazioni mistiche – alla “rinnovazione” di quei settori della Chiesa in cui dilagavano la corruzione, la tiepidezza, la mancanza di unità.
Una componente tremenda di questa “notte oscura” è costituita dalle continue vessazioni diaboliche; sono numerosissime le testimonianze al riguardo nella storia di molti santi: Francesca Romana, ad esempio, subì per anni, praticamente fino alla morte, gli assalti del demonio che furono ampiamente documentati nei processi di canonizzazione. Raimondo da Capua ci ha raccontato che più di una volta santa Caterina da Siena fu buttata nel fuoco in presenza di quelli che istruiva e, rialzatasi da sola, diceva sorridendo: «Non temete, è la brutta bestia».
Non altrimenti, in tempi più vicini a noi, ecco santa Gemma Galgani, che un giorno viene trovata con i capelli strappati, il volto tumefatto e le ossa lussate, dopo che il suo confessore aveva visto un enorme gatto nero dall’aspetto terrificante coricato su di lei e volatilizzatosi non appena asperso con acqua benedetta.
Tra i contemporanei non possiamo non citare il francese san Giovanni Maria Vianney (il curato d’Ars) e san Pio da Pietrelcina. Il povero curato all’inizio del suo ministero dovette subire critiche, denunce, ironie dei suoi stessi confratelli che alimentarono in lui un crescente senso di profonda indegnità: la fase più tragica della sua “notte oscura” raggiunse momenti di autentico parossismo anche per ripetuti interventi demoniaci.
Nel giugno 1912 padre Pio scriveva al suo confessore che il diavolo si era accanito una intera notte su di lui, «battendomi quasi a morte», precisava: «Chissà quante volte mi ha gettato dal letto per trascinarmi nella camera?». E un’altra mattina, rialzandosi tutto insanguinato, scriveva: «Quando questo bruto se ne andò, il freddo mi invase dalla testa ai piedi. Tremavo come una canna esposta a un vento impetuoso. Durò circa due ore. Dalla mia bocca usciva sangue. Dal giovedì sera al sabato per me è una tragedia dolorosa…».
Il 4 giugno 1918 il santo raccontava, sempre al suo confessore: «Le lacrime sono il mio pane quotidiano. […] La paura e il brivido mi hanno assalito e le tenebre mi hanno ricoperto da ogni parte. Sono steso sul letto dei miei dolori, pieno di affanni cerco il mio Dio. Ma dove trovarlo? Oh, Dio mio, mi sono smarrito e ti ho perduto. Mi hai condannato a vivere per sempre lontano dal tuo volto? Mi assopisco e cado in deliquio. A volte i più forti tormenti agitano il mio spirito in cerca della sua identità. Diventa irrequieto, poi cede, cercando invano di ritrovare il tesoro perduto».
E il 27 luglio dello stesso anno: «Il mio spirito è smarrito, abbandonato, depresso. Questo è il martirio più raffinato che la mia fragilità fosse in grado di sopportare. Ho perduto ogni traccia del Bene sovrano. Sono abbandonato, solo nella mia nullità e nella mia miseria, senza alcuna conoscenza della Bontà suprema, eccetto un desiderio, veramente sterile, di amarlo. In mezzo a questo abbandono totale, mi vedo costretto a vivere, quando a ogni istante sarebbe desiderabile morirne».
Sono momenti tremendi, che però i santi hanno saputo superare grazie al loro amore e alla loro fede che non cedevano. San Giovanni della Croce sottolinea, nella Salita al Carmelo, il ruolo di purificazione della sofferenza liberamente accettata e perfino desiderata: «Cercare preferibilmente non il più facile, ma il più difficile, non ciò che consola, ma ciò che affligge». Così l’anima ritrova la pace: accadeva, ad esempio, a Santa Teresa d’Avila, dopo la Comunione. A volte il Signore le appariva dicendole: «Non ti affliggere, non aver paura!» e lei commentava: «Sembra allora che l’anima esca dal crogiuolo, come l’oro, più raffinata e con l’occhio più atto a contemplare Iddio che dimora nel suo interno. Quei travagli che prima parevano insopportabili, le divengono cose da nulla, e desidera, così piacendo al Signore, di tornare a soffrirli».
A sua volta Teresa di Lisieux confessava: «Ad ogni nuova occasione di lotta, quando il mio nemico viene a provocarmi, io mi comporto coraggiosamente: sapendo che è vile combattere in duello, giro le spalle al mio avversario senza degnarlo di uno sguardo, e corro dal mio Gesù, gli dico che sono pronta a versare fino all’ultima goccia del mio sangue per testimoniare che esiste un paradiso. Gli dico che sono felice di non godere di questo paradiso in terra, perché Lui lo apra per l’eternità ai poveri increduli. Così, malgrado questa prova che mi toglie ogni gioia, posso ugualmente esclamare: “Signore, tu mi colmi di gioia per tutto quello che fai” (salmo 191). Esiste una gioia più grande di quella di soffrire per il tuo amore?».
Sulla medesima lunghezza d’onda il Curato d’Ars: quando la sofferenza toccava il massimo, si abbandonava maggiormente fra le mani di Dio, gettandosi davanti al tabernacolo «come un cagnolino vicino al padrone». A volte, l’ossessione lo perseguitava fino all’altare: «Dopo la consacrazione», affermava, «quando tengo nelle mani il santissimo Corpo di Nostro Signore, e quando sono nelle ore di scoraggiamento, non vedendomi degno che dell’inferno, io dico: “Ah! Se almeno potessi portarlo con me! L’inferno sarebbe dolce vicino a lui. Non mi costerebbe punto rimanervi tutta l’eternità a soffrire, se fossimo insieme!”. Ma allora non sarebbe più inferno, le fiamme dell’amore estinguerebbero quelle della giustizia».
Il cappuccino di Pietrelcina non ragionava diversamente: «Niente desidero», scriveva durante una delle tante prove spirituali e fisiche che dovette superare nell’arco della sua lunga esistenza, «fuorché amare e soffrire. […] Sono contento anche in mezzo a queste afflizioni, poiché grandi ancora sono le dolcezze che il nostro buon Gesù mi dà a gustare quasi tutti i giorni. […] Soffro, è vero, e soffro assai, ma sono lietissimo perché anche in mezzo al soffrire non cessa il Signore di farmi sentire una gioia inesprimibile».
Ed ecco infine la testimonianza di una mistica contemporanea: la francese Marta Robin, stigmatizzata come padre Pio, anch’essa tormentata dal demonio in maniera orribile: flagellata, battuta, bruciata, coperta di piaghe; a volte le rubava i vestiti, la toglieva dal letto e la portava fuori, la gettava nuda sul ghiaccio, e ciò in presenza di testimoni che sentivano i colpi, vedevano le piaghe e assistevano ai rapimenti. Ma ecco la sua reazione: «La sofferenza», affermava, «non è solo una prova , è prima di tutto e soprattutto un grande gesto d’amore, un rinnovamento della vita interiore, un incoraggiamento per l’azione, perché raggiunge e fa scattare le nostre più intime risorse e ci ricorda il fine al quale dobbiamo tendere. […] La sofferenza è il nuovo, lo sconosciuto, il divino, l’infinito che penetra la vita come una spada rivelatrice, svelandoci i desideri divini di Cristo in ciascuno di noi. Gesù ci insegna a guardare più in alto, più lontano, soprattutto con più amore, ciò che il linguaggio umano chiama dolore e sofferenza, ma che in realtà è solo la condizione suprema di un’eternità di felicità e d’amore nel cielo. […] Non saprei vivere altrimenti che nell’amore, nelle pene, nelle immolazioni di Gesù, per essere espiatrice, redentrice e conquistatrice con Gesù, come Gesù».
Si potrebbe continuare con altri nomi del passato e del presente, ma la sostanza non cambia: la “notte oscura” può diventare la strada per dimostrare a Dio il nostro amore, accettando le prove che egli ci manda, spogliandoci della nostra volontà per identificarci nella volontà divina: «Il cuore dell’uomo», sono parole della Robin, «si misura dall’accoglienza fatta alla sofferenza, perché questa è in lui l’impronta di Uno diverso da lui».
Il Papa e Medjugorje
https://it.aleteia.org/2018/10/20/papa-francesco-medjugorje-veggenti-visioni-locuzioni/
Papa Francesco su Medjugorje: i veggenti
confondono le locuzioni con le visioni
Gelsomino Del Guercio | Ott 20, 2018
Il Papa, ancora scettico, rivela: "Ho proibito l'organizzazione di un evento con uno dei
veggenti in una chiesa della mia diocesi"
na delle apparizioni più conosciute e popolari attualmente è quella che, presumibilmente, si starebbe
verificando dal 1981, a Medjugorje, in Bosnia Erzegovina. La Madonna starebbe apparendo a sei
veggenti diversi.
Sebbene la Conferenza episcopale locale abbia dichiarato, nel 1991, che non si poteva confermare l’autenticità delle
apparizioni, la Chiesa, scrive Padre Alexandre Awi Mello, autore di “E’ mia madre. Incontri con Maria” (Città
Nuova), continua a studiare questo fenomeno che attira l’attenzione soprattutto per il grande afflusso di
pellegrini e per le profonde conversioni sperimentate in quel luogo.
Il veggente a Buenos Aires
«Riguardo a Medjugorje – dice papa Francesco a Padre Mello – quando ero a Buenos Aires ho proibito che ci
fosse una riunione che si è svolta lo stesso. Loro sapevano, però, che non ero d’accordo».
Il Santo Padre spiega all’autore di “E’ mia madre“, che uno dei veggenti di Medjugorje doveva andare in arcidiocesi
per un incontro che si sarebbe svolto in una chiesa di Buenos Aires, e precisa il motivo della sua opposizione a
quell’evento:
«L’ho fatto perché uno dei veggenti avrebbe parlato e avrebbe spiegato un po’ tutto e alle
quattro e mezza sarebbe apparsa la Madonna. Cioè lui aveva l’agenda della Madonna. Allora ho
detto: no, non voglio qui questo tipo di cose. Ho detto di no, no in chiesa»..
“Dio fa miracoli a Medjugorje”
Poi, Bergoglio aggiunge: «Bisogna distinguere, però, perché, nonostante questo, Dio fa miracoli a Medjugorje.
In mezzo alle pazzie dell’uomo, Dio continua a fare miracoli. Forse ci sono fenomeni più personali. Mi arrivano
delle lettere qui, ma si capisce che sono cose più che altro psicologiche. Bisogna distinguere bene le cose».
Locuzioni e apparizioni
Durante la conversazione con Mello, il Papa è tornato sul caso Medjugorje anche in un secondo momento: «Il
discorso delle apparizioni (&hellip – ragiona, rivolgendosi all’autore – cerca di vederlo dal lato della locuzione interna.
Allora, è ovvio che si va da un estremo all’altro. A volte quella locuzione si materializza quasi in una
visione e, altre volte, può essere una semplice ispirazione», afferma Bergoglio, cercando concetti per
esprimere cosa pensa su questi fenomeni.
E continua: «Per esempio, quelle persone sentono che la Madonna dice loro qualcosa, nella preghiera avviene una
locuzione e allora dicono: “La Madonna mi ha detto questo…”. Certo. lo esprimono in un modo che sembra che sia
stata davvero un’apparizione. Ma da qui a dire che i veggenti siano protagonisti e organizzino
apparizioni programmate... Questo è il peccato che può accompagnare una grande grazia».
Percepire con il cuore la voce della Madonna
E’ bene precisare cosa sono le locuzioni interiori. Attraverso esse coloro che credono e pregano con il cuore
riescono a percepire Dio o la Madonna e a comunicare con loro. Jelena e Mirjana, due veggenti di Medjugorje,
hanno ammesso di comunicare con Maria anche in questo modo (La Luce di Maria, 12 dicembre 2017).
La visione è tutt’altra cosa e consiste nell’apparizione della Madonna: la Vergine è “fisicamente” visibile, non
parla al cuore. Il veggente, dal canto suo, percepisce questa presenza come nel caso dei pastorelli di Fatima.
“Mancanza di discernimento”
Francesco non vuole squalificare né sminuire il valore dei fenomeni mariani nel paese della Bosnia, ma indicare
che “grano” e “zizzania” – per dirlo con parole del Vangelo – possono crescere insieme:
«Credo che sia a Salta (in Argentina ndr) che a Medjugorje ci sia la grazia. Non si può negare. C’è gente che si
converte. Ma c’è anche la mancanza di discernimento e non voglio dire peccato perché la gente non sa mai
fino a che punto è peccato, ma, per lo meno, la mancanza di discernimento».
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Medjugorje. Le parole di Monsignor Hoser: ‘Qui si diventa testimoni di Dio!’
di Roberto Lauri - 6 ottobre 2018
link dell' articolo:
https://www.papaboys.org/medjugorje-le-parole-di-monsignor-hoser-qui-si-diventa-testimoni-di-dio/
A presiedere la Santa Messa degli italiani delle ore 9:00, domenica scorsa, sul piazzale esterno di Medjugorje, c’era il vescovo Henryk Hoser.
A Monsignor Henryk Hoser è l’arcivescovo emerito di Warszawa-Praga in Polonia, al quale é stato conferito l’incarico di «visitatore apostolico a carattere speciale per la parrocchia di Medjugorje, a tempo indeterminato e ad nutum Sanctae Sedis», cioè a disposizione della Santa Sede.
La messa per gli italiani, presieduta dal vescovo Hoser, è un evento eccezionale, per questo molti capigruppo italiani hanno voluto modificare il programma del loro pellegrinaggio e hanno condotto i loro pellegrini a partecipare alla Messa.
C’è stata un’affluenza enorme e tutti i posti a sedere sono stati occupati, i pellegrini presenti erano sicuramente più di 6.000.
Il vescovo è arrivato alla porta della sacrestia, quasi in modo anonimo, vestito di nero in modo semplice. Hoser è passato inosservato tra i tanti pellegrini che stavano entrando in chiesa.
Se non fosse stato per la catena con crocifisso, di fattura e dimensioni contenute e per lo zucchetto da vescovo che teneva in mano, nascosto da fogli, nessuno si sarebbe accorto della sua presenza. In ogni momento della celebrazione Eucaristica ha parlato in italiano comprensibile.
Monsignor Hoser
Monsignor Hoser si appresta a varcare la porta della sacrestia per presiedere la messa degli italioni del 30 settembre 2018
L’Omelia di Mons. Hoser
VOLERSI SOSTITUIRE A DIO
Ha iniziato la sua Omelia, affermando che, per comprendere il nostro mondo, è necessario avere 3 sguardi. Il primo sguardo lo apprendiamo dal Libro della Genesi, quando Dio proibì di mangiare il frutto dell’albero della vita e della morte.
Concludendo con questa frase: “ Non tocca all’uomo decidere, sapere, il pensiero del Creatore”.
DIO MISERICORDIOSO
Poi ha continuato dicendo che Il secondo sguardo, lo suggerisce il profeta Giona, il quale si era rifiutato di obbedire a Dio, perché a suo parere: “La città era ormai immersa nella crisi. Giona accusava Dio di avere un cuore troppo misericordioso”.
Come a quei tempi, ora: “Anche noi non sappiamo dov’è il bene o dov’è il male. Viviamo nella morte. Siamo diretti verso la morte collettiva”.
INGIUSTIZIA
Monsignor Hoser, nella sua omelia è poi passato al terzo sguardo, quello verso il mondo contemporaneo, servendosi delle parole dell’Apostolo Giacomo, che faceva notare come l’ingiustizia esiste nel mondo:
“Dio ha creato questa terra per tutti gli uomini, affinché abbiano il diritto di avere il necessario, una vita degna… Oggi, tanti uomini muoiono per la mancanza del necessario. Questa ingiustizia ci allontana da Dio”.
FARE ALLEANZA PER OPPORSI AL MALE
Ha concluso, infine con delle parole forti: “Dio si fida di noi, anzi, si serve di persone ritenute incapaci, indegne, impreparate.
Dobbiamo vedere tutte le buone volontà di tutti gli uomini e allearci con loro, e con loro fare opposizione al male che c’è nel mondo e distrugge gli uomini, la loro vita, la loro felicità. Mettiamoci in marcia contro l’ideologia tossica della morte, un grande sbaglio antropologico, come ad esempio l’ideologia neo marxista gender, che è un peccato contro Dio Creatore”.
EROI MONDIALI
Ha concluso l’Omelia con queste parole: “Tutti quelli che vengono a Medjugorje devono diventare i testimoni del Dio vivo, del Dio Misericordioso, con la Madre Chiesa e la Madre della Chiesa, la Santa Vergine Maria.
Diventiamo i testimoni, gli eroi mondiali che dicono che Dio esiste, che Dio è buono, è Amore, è Misericordioso, è la nostra grandezza, il nostro scopo, la nostra vita”.
Monsignor Hoser
17/11/2017 incontro
Maria Orsola Bussone
Sette Comandamenti :
- 1 Voglio fare sempre bene il segno della croce
- 2. Io voglio ascoltare sempre l’angelo custode
- 3. Voglio frequentare sempre il catechismo con attenzione
- 4. O Gesù fa che io cresca ubbidiente , studiosa e buona
- 5. Io voglio andare in Paradiso perciò voglio osservare sempre tutti i comandamenti
- 6. Voglio sempre andare alla Santa Messa
- 7. A Messa voglio essere raccolta in preghiera
“… se noi sappiamo mettere Dio avanti a ogni cosa, la famiglia, il lavoro..ecc. acquistano un’altra luce. Vivendo così, le nostre famiglie si trasformano perché in esse regherà l’amore “
Don Giussani
Non è una commemorazione la nostra fede. È la presenza di Cristo, nostra vita, da riconoscere. Questa è la fede: riconoscere una Presenza.
LA PREGHIERA
Il bene supremo è la preghiera, conversare familiarmente con Dio. E’ Relazione a Dio e unione con lui. Come gli occhi sono illuminati alla vista della luce, così l’anima che tende a Dio è illuminata dalla sua ineffabile fede
15/12/2017 Rosario una corona di rose
INCONTRO DEL 15.12.2017
Rosarium : corona di rose a Maria
Origini del Rosario :
1214 la Santa Vergine appare a San Domenico per convertire gli eretici albigesi e i peccatori.
La Santa Vergine apparve accompagnata da tre figure celesti e disse a San Domenico:
“Sai , caro Domenico , di quale arma si è servita la Santa Trinità per salvare il mondo ?” Ed egli rispose: “ Signora mia, tu lo sai meglio di me , poiché dopo il Figlio tuo, Gesù Cristo, tu sei stata il principale strumento della nostra salvezza.” Ed ella aggiunse: “ Sappi che l’arma più forte è stato il Salterio mariano, o Rosario, fondamento del Nuovo Testamento; per questo se vuoi guadagnare a Dio quei cuori induriti, predica il mio Rosario . “
Rosa Bianca : Ave Maria
AVE MARIA :
Rallegrati Maria ! In te Dio attuerà le sue promesse , compirà le sue profezie e per mezzo tuo non deluderà la speranza di salvezza del suo popolo.
Il suo nome appare già indicativo del suo destino eccezionale : Miryam : l’amata di Iahvè , la prediletta di Dio.
Anche oggi possiamo dire “Rallegrati” perché nuove abbondanti grazie stanno per scendere sulla terra.
PIENA DI GRAZIA
Maria è avvolta , penetrata dallo sguardo amorevole di Dio fin dalla sua concezione e rimanendo tale in tutta la sua esistenza. Dio amore che da sempre l’ha scelta per affidarle il sommo ufficio e dignità di madre di Dio , l’ha adornata , fin dal primo istante della sua concezione, degli splendori di una santità assolutamente unica. Piena di grazia , piena di santità
Il SIGNORE E’ CON TE
Ovvero: Dio le dice tramite l’angelo “Non temere Io sono con te”
Maria comprese che era una chiamata al servizio del Signore per un missione che interessava i destini del suo popolo.
TU SEI BENEDETTA FRA LE DONNE
Elisabetta non appena ebbe udito il saluto di Maria fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce : benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo !
Riflettiamo sul significato di benedizione : è Dio che benedisce , che da vigore, forza, successo , pace , sicurezza….
E BENEDETTO E’ IL FRUTTO DEL TUO SENO GESU’
Lui è il benedetto per eccellenza , è Dio. Gesù : Iahvè salva . Gesù è quindi il nome che indica la salvezza operata dal Signore attraverso il frutto del seno di Maria.
SANTA MARIA MADRE DI DIO
Maria è santa perché lo Spirto Santo abita in lei e l’ha assunta come strumento e luogo della sua attività divina. LA MADRE DI DIO , la tutta santa , immune da ogni macchia di peccato , plasmata e resa una nuova creatura dallo Spirito Santo.
PREGA PER NOI PECCATORI
Maria è la madre che intercede e ci viene in aiuto. Grazie alla sua divina maternità , Maria ha un ruolo particolare nell’intercessione dei santi per noi.
Ecco allora l’invocazione: Prega , fa qualcosa per noi, di una parola in nostro favore , intercedi presso Dio !
ADESSO E NELL’ORA DELLA NOSTRE MORTE
Adesso insegnaci a vivere a noi piccoli e grandi.
Poi pronunciamo la parola morte , si la morte temuta, esorcizzata, allontanata , ignorata, ma inevitabilmente presente. Ma con l’aiuto di Maria la morte illumina la vita, e la vita prepara la morte, perché una buona morte non si improvvisa ma si merita con tutta la vita.
Fra tutte le ore della vita non c’è una più preziosa di quella della morte. Con le ultime parole dell’Ave Maria noi mettiamo nelle mani della Madonna quell’ora decisiva.
Noi crediamo che Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’immortalità per mezzo del vangelo : se moriamo con lui, vivremo anche con lui
AMEN
E’ l’assenso a ciò che Dio promette, esprime l’atto di fede: così è !
4 segni per sapere se il vostro lavoro nella Chiesa è per amor di Dio o per vanità
Primo: chi agisce solo per Dio non si turba in caso di fallimento, perché se Dio non vuole non vuole neanche lui.
Secondo: si rallegra del bene compiuto dagli altri come se lo avesse fatto lui stesso.
Terzo: senza preferenze per i vari lavori, accetta di buon grado quello che gli richiede l’obbedienza.
Quarto: dopo aver compiuto il suo dovere non si aspetta lodi né approvazione altrui. Per questo non è triste se lo criticano o lo disapprovano, rallegrandosi solo per il fatto di aver accontentato Dio. Se per caso riceve qualche lode dal mondo non si inorgoglisce, ma allontana la vanagloria, dicendo al suo interlocutore: “Vai per la tua strada, sei arrivato tardi perché il mio lavoro è già tutto dato a Dio”.
(Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Pratica di amare Gesù Cristo)
Cattivo Concilio...
(di Mauro Faverzani) Il 15 maggio dell’anno scorso, festa di Pentecoste, il teologo tedesco padre Ingo Döllinger, già segretario dell’allora Vescovo di Augusta, mons. Josef Stimpfle, e stretto collaboratore di san padre Pio, diede il proprio assenso alla giornalista Maike Hickson, affinché pubblicasse sul sito OnePeterFive queste affermazioni: «Non molto dopo la pubblicazione nel giugno 2000 del Terzo Segreto di Fatima da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, il card. Joseph Ratzinger disse a padre Döllinger, nel corso di una conversazione, che c’è una parte del Terzo Segreto ancora non pubblicata!».
Quella diffusa è autentica, ma «c’è di più di quello che abbiamo pubblicato», avrebbe affermato ancora, in quella circostanza, l’allora card. Ratzinger. La parte inedita, in particolare, parlerebbe di «un cattivo Concilio e di una cattiva Messa», che sarebbero stati a breve introdotti. Il 21 maggio giunse, in merito, la pubblica smentita da parte della Sala Stampa vaticana: mai Benedetto XVI avrebbe parlato di Fatima col prof. Döllinger ed, in ogni caso, «la pubblicazione del Terzo Segreto» sarebbe «completa».
Ora, però, Giuseppe Nardi, direttore dell’autorevole sito cattolico tedesco Katholisches.info, ha trovato una nuova fonte, che conferma la versione apparsa originariamente su OnePeterFive: si tratta di Gottfried Kiniger, amico carissimo del prof. Döllinger, oggi ottantenne, a lungo impegnato politicamente. Dopo aver appreso della smentita giunta da Roma, Kiniger è parso molto turbato, non sapendo capacitarsene: quanto scritto da Maike Hickson corrisponde effettivamente, a suo giudizio, a quanto dettogli dallo stesso padre Döllinger 17 anni fa.
Per questo Kiniger ha deciso di rilasciare a Nardi una nuova intervista lo scorso 17 gennaio, approvandone la pubblicazione. In essa, lui è molto chiaro: «Non ricordo la data esatta, ma eravamo ancora nel 2000, di questo sono certo – afferma –. Nell’autunno ho fatto visita, come di consueto, a Padre Döllinger, essendo amici di lunga data. In quell’occasione lui mi rivelò di aver incontrato il card. Ratzinger – allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede –, poco dopo la conferenza-stampa [tenutasi a Roma in giugno, relativa alla pubblicazione del Terzo Segreto di Fatima-NdR]. Ed il Cardinale gli disse: “Ciò che abbiamo pubblicato, non è tutto il Segreto”. In quel momento, in sagrestia erano presenti anche altri sacerdoti, alcuni dei quali alti prelati».
A quel punto, l’allora cardinale avrebbe aggiunto: «“Siamo stati incaricati di farlo”. Parole, che padre Döllinger interpretò così: Giovanni Paolo II avrebbe voluto e ordinato questo. Quando padre Döllinger mi disse queste cose, erano presenti anche altre persone». Non solo: «Anche negli anni a seguire, padre Döllinger ha parlato più e più volte di questo episodio in occasione dei nostri incontri, la maggior parte delle volte sempre in presenza di altri. Non erano un segreto. Questo è quanto il Cardinale gli disse, questo è quanto lui riferiva. Per me non v’è alcun dubbio che padre Döllinger, di cui ho piena fiducia, abbia descritto questa storia in modo veritiero. Perché avrebbe dovuto inventarsi questa conversazione ed il suo contenuto, parlandone oltre tutto così apertamente? Non so per quale motivo Roma smentisca. È come se si volesse chiudere il caso Fatima. Ma non funziona».
In effetti, è vero: se difficile è tirare delle conclusioni, difficile è anche considerare il caso chiuso. (Mauro Faverzani)
L'incontro di Mirjana con Giovanni Paolo II
Domanda: Ci puoi dire qualcosa del tuo incontro con Giovanni Paolo II?
MIRJANA – Quello è stato un incontro che io non dimenticherò mai nella mia vita. Sono stata a San Pietro con un sacerdote italiano insieme agli altri pellegrini. E il nostro Papa, santo Papa, passava e dava benedizione a tutti, e così anche a me, e stava andando via. Quel sacerdote lo ha chiamato, dicendogli: “Santo Padre, questa è Mirjana di Medjugorje”. E Lui è tornato di nuovo indietro e mi ha dato di nuovo la benedizione. Così ho detto al sacerdote: “Non c’è niente da fare, Lui pensa che ho bisogno di doppia benedizione”. Dopo, nel pomeriggio, abbiamo ricevuto una lettera con un invito a recarci l’indomani a Castel Gandolfo. La mattina dopo ci siamo incontrati: eravamo soli e in mezzo ad altre cose il nostro papa mi ha detto: “Se io non fossi Papa, già sarei venuto a Medjugorje. So tutto, seguo tutto. Proteggete Medjugorje perché è speranza per tutto il mondo; e chiedi ai pellegrini di pregare per le mie intenzioni”. E, quando il Papa è morto, dopo qualche mese è venuto qua un amico del Papa che ha voluto rimanere in incognito. Ha portato le scarpe del Papa, e mi ha detto: “Il Papa aveva sempre tanto desiderio di venire a Medjugorje. E io scherzando gli dicevo: Se tu non vai, porto le tue scarpe, così, in modo simbolico, camminerai anche tu su quella terra a cui vuoi bene così tanto. Così ho dovuto mantenere la promessa: ho portato le scarpe del Papa”.
Lettera apostolica
DILIGOR, ERGO SUM”: AL CUORE DELLA LETTERA APOSTOLICA di don Salvatore Vitiello
Misericordia et Misera. Ovvero, la Misericordia è efficace solo se c’è una persona “misera”, che si riconosce misera, bisognosa di tutto. È la vera rivoluzione di Papa Francesco, contro il falso mito di progresso, che vede l’uomo del tutto autosufficiente, indisponibile all’autentica relazione con gli altri e con il Mistero trascendente. Una falsa autosufficienza che, sebbene si scontri quotidianamente con la realtà del limite, non cessa di autoproporsi sia come orizzonte esistenziale, nella logica soggettivistica della violenza, sia come orizzonte teoretico, nel postulato indimostrato della non-esistenza o della non-rilevanza (che poi è lo stesso) di Dio. E per proseguire nella medesima direzione, il Papa propone un’alternativa alla riduzione Cartesiana della conoscenza umana: non più “cogito ergo sum” (penso dunque sono), ma “sono amato, dunque esisto” (Mm 16), recuperando l’antico adagio agostiniano “amo ergo sum” e riproponendolo in chiave esistenziale, poiché l’esperienza di essere amati precede la determinazione ad amare ed entrambe si includono nell’orizzonte relazionale, nel rapporto con l’altro, essenziale al superamento del falso mito dell’individualismo. In questo orizzonte, contro la cultura del nulla e della morte (altro falso mito di progresso) il Papa propone la “cultura della misericordia” (Mm 20) che è cultura della vita e della relazione. Questo l’ampio orizzonte in cui si colloca la lettera Apostolica di fine Giubileo, ed ogni particolare determinazione, che vedremo, deve essere accolta ed interpretata alla luce di tale prospettiva. Finché l’uomo, l’umanità non si riconosce “misera”, resterà inefficace l’offerta permanente della Misericordia.
Nell’appello forte a vivere la misericordia ed a riconoscersi “miseri”, Papa Francesco afferma: “Niente di quanto un peccatore pentito pone dinanzi alla misericordia di Dio può rimanere senza l’abbraccio del suo perdono.
[…] La misericordia è questa azione concreta dell’amore che, perdonando, trasforma e cambia la vita. È così che si manifesta il suo mistero divino […] abbraccia ogni persona che confida in Lui e la trasforma, donandole la sua stessa vita” (Mm 2). La condizione per questa straordinaria esperienza, che tutti auspichiamo divenga ordinaria per la maggior parte degli uomini, è riconoscersi “peccatore pentito” (con tutto ciò che il pentimento implica), confidare in Gesù Cristo e nell’amore del Padre, nella Misericordia, sapendo di essere “miseri”. Il Papa, perché ciò avvenga in modo sempre più ampio, individua alcuni aspetti da potenziare nella vita della Chiesa, innanzitutto nella Liturgia, perché la lex orandi e la lex credendi vanno di pari passo: “siamo chiamati a celebrare la misericordia […] nella preghiera della Chiesa il riferimento alla misericordia, lungi dall’essere solamente parenetico, è altamente performativo, vale a dire che mentre la invochiamo con fede, ci viene concessa; mentre la confessiamo viva e reale, realmente ci trasforma”. (Mm 5). Poi nella conoscenza doverosa delle Sacre scritture, che insieme alla Tradizione, costituiscono l’unica fonte della Divina Rivelazione: “Sa ogni comunità, in una domenica dell’Anno liturgico, potesse rinnovare l’impegno per la diffusione, la conoscenza e l’approfondimento della Sacra Scrittura: una domenica dedicata interamente alla Parola di Dio” (Mm 7). Praticamente il Papa propone ad ogni comunità un ritiro spirituale annuale sulla Sacra Scrittura. Viene resa permanente l’esperienza dei Sacerdoti missionari della misericordia “come espressione diretta della mia sollecitudine e vicinanza”, ribadisce il Papa (n. 9).
L’aspetto mediaticamente più delicato appare l’estensione permanente, a tutti i sacerdoti, della facoltà di assolvere dal peccato di aborto. I primi tentativi della grande stampa di stravolgere quanto affermato dalla Lettera Apostolica, sono evidenti e preoccupanti: “Assoluzione per l’aborto” è stato infatti il lancio dell’ANSA ieri alle 12.31. Cerchiamo di fare di chiarezza. Innanzitutto Papa Francesco non ha tolto la scomunica Latae Sententiae per chi si macchia del peccato di aborto ed è al corrente dell’esistenza di quella pena canonica. Ciò significa che nulla cambia nella reale considerazione della Chiesa, circa la gravità del peccato di
aborto: “Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente” (Mm 12), ma “perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio, concedo d’ora innanzi…”. Lo scopo della concessione, dunque, è che un numero sempre maggiore di uomini e donne si rendano conto della gravità del peccato di aborto, se ne pentano sinceramente, possano chiedere ed ottenere il perdono (e la remissione della scomunica) e propongano in modo risoluto di non commetterlo mai più. Si deve riconoscere che ciò avveniva già ordinariamente, quando il confessore valutava “l’eccezionalità del caso” e che fosse “grave incomodo” per il penitente tornare una seconda volta o cercare un confessore “autorizzato”. Per facilitare la riconciliazione, senza in nulla mutare la natura del peccato di aborto ed il relativo giudizio morale di male intrinseco, che mai può essere giustificato, il papa ha ritenuto, nella sua magnanimità, di concedere tutti i sacerdoti tale facoltà. È un grande atto di fiducia verso i sacerdoti, che sono chiamati ad una grande responsabilità, di formazione innanzitutto.
Sempre nell’ottica della magnanimità, il Papa prolunga la facoltà di ascoltare le confessioni sacramentali dei fedeli per i sacerdoti della Franternità San Pio X: “per il bene pastorale di questi fedeli, e confidando nella
buona volontà dei loro sacerdoti perché si possa recuperare, con l’aiuto di Dio, la piena comunione nella Chiesa Cattolica, stabilisco per mia propria decisione di estendere questa facoltà oltre il periodo giubilare, fino a nuove disposizioni in proposito, perché a nessuno venga mai a mancare il segno sacramentale della riconciliazione attraverso il perdono della Chiesa” (n. 12), riconoscendone indirettamente un certo “statuto giuridico”, poiché, almeno in quel campo agiscono a nome della Chiesa, e nel contempo esercitando una riconosciuta giurisdizione su di essi.
È stabilita, infine, la GMP, la Giornata Mondiale dei Poveri che si dovrà “celebrare in tutta la Chiesa, nella ricorrenza della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario” (Mm 21).
Accanto alla GMG ideata da San Giovanni Paolo II, sono delineate le coordinate del futuro della Chiesa: una nuova generazione, attenta alle relazioni, capace di superare il falso mito di un individualismo nichilista, ed attenta ai più deboli.
Questa, in sintesi, la vera rivoluzione culturale proposta: “sono amato, dunque esisto” (Mm 16).
22/11/2016
Il santo Rosario dedicato agli Angeli Custodi
Il Sacramento della Riconciliazione
“Figlia, quando ti accosti alla santa confessione, — diceva Gesù alla beata Suor Faustina — questa sorgente della Mia misericordia, scendono sempre sulla tua anima il Mio sangue ed acqua, che uscirono dal Mio Cuore e nobilitano la tua anima. Ogni volta che vai alla santa confessione immergiti tutta nella Mia misericordia con grande fiducia, in modo che io possa versare sulla tua anima l'abbondanza delle Mie grazie. Quando vai alla confessione, sappi che io stesso ti aspetto in confessionale, Mi copro soltanto dietro il sacerdote ma sono io che opero nell'anima. Lì la miseria dell'anima s'incontra col Dio della misericordia. Dì alle anime che da questa sorgente della misericordia possono attingere le grazie unicamente col recipiente della fiducia. Se la loro fiducia sarà grande, la Mia generosità non avrà limiti, i rivoli della Mia grazia inondano le anime umili, i superbi sono sempre nell'indigenza e nella miseria, poiché la Mia grazia si allontana da loro e va verso le anime umili (529).
Dì alle anime dove debbono cercare le consolazioni cioè nel tribunale della misericordia per ottenere i più grandì miracoli che si ripetono continuamente. Per ottenere questo miracolo non occorre fare pellegrinaggi in terre lontane né celebrare solenni riti esteriori, ma basta mettersi con fede ai piedi di un Mio rappresentante e confessargli la propria miseria ed il miracolo della divina misericordia si manifesterà in tutta la sua pienezza. Anche se un ‘anima fosse in decomposizione come un cadavere ed umanamente non ci fosse alcuna possibilità di risurrezione e tutto fosse perduto, non sarebbe così per Dio: un miracolo della divina misericordia risusciterà quest'anima in tutta la sua pienezza. Infelici coloro che non approfittano di questo miracolo della divina misericordia! Lo invocherete invano, quando sarà troppo tardi!” (467)
Per confessarsi bene ci vogliono 5 cose: esame di coscienza; dolore dei peccati; proposito di non commetterne più; accusa dei peccati; penitenza.
1 - Esame di coscienza
Il Confessore non conosce i nostri peccati, siamo noi che glieli dobbiamo manifestare, perciò, prima di confessarci, dobbiamo esaminarci per ricordare i peccati commessi.
2- Dolore dei peccati
Il dolore dei peccati consiste nel pentirsi di essi perché abbiamo offeso Dio, nostro Creatore e nostro Padre che ci ama con un amore sconfinato; — perché abbiamo fatto soffrire e patire Gesù fino a farlo morire sulla croce (nella sua passione Gesù aveva la visione distinta dei peccati che noi commettiamo ora e li espiava uno per uno); — perché ci siamo resi degni dell'inferno. — Il dolore dei peccati è la parte essenziale della Confessione, perché se manca esso, la confessione è nulla o sacrilega.
3- Proposito di non commetterne più
Il proposito consiste nella ferma volontà di non peccare più. Se manca il proposito vuoi dire che non c'è pentimento, non c'è dolore dei peccati ed allora questi non vengono perdonati, ma anzi aumentano perché la cattiva confessione e la conseguente cattiva comunione sono peccati gravissimi di sacrilegio. E se, dopo aver promesso al Signore di non offenderlo più, passato del tempo, si ricade nel peccato, cosa si deve fare? Ricorrere ad una nuova confessione fatta bene. La mamma rimprovera il suo piccolo, che caduto a terra, si è sporcato. Il bimbo si pente e promette sinceramente di non cadere più, ma, passata qualche ora, la sua tenera età lo porta a cadere e a sporcarsi di nuovo. La mamma, consapevole della fragilità del bambino, lo compatisce e lo ripulisce. Così noi, nonostante il fermo proposito di non peccare più, passato del tempo, per la nostra grande fragilità e incostanza, ricadiamo di nuovo. Dio, che conosce la nostra grande miseria, ci compatisce e ci perdona mediante una nuova buona confessione.
4-Accusa dei peccati
L'accusa dei peccati consiste nella loro manifestazione al confessore per averne l'assoluzione.
Siamo obbligati a confessare solo i peccati mortali mai confessati, o confessati male. — Circa i peccati mortali dobbiamo dirne il numero esatto, se lo ricordiamo, altrimenti è sufficiente il numero approssimativo. - È utile ma non obbligatorio, confessare i peccati veniali. — Chi per vergogna tacesse in confessione anche un solo peccato mortale, farebbe una cattiva confessione e un peccato gravissimo di sacrilegio. — Chi invece, per dimenticanza, non avesse confessato un peccato grave, la sua confessione è buona e i peccati vengono perdonati tutti, compreso quello dimenticato, però gli resta l'obbligo, quando se ne ricorderà, di confessarlo in una successiva confessione.
5- Penitenza
La penitenza consiste nell'opera buona imposta dal confessore a sconto dei peccati confessati.
Breve esame di coscienza
1 - Non avrai altro Dio fuori di me
Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo, servirlo in questa vita e poi goderlo nell'altra in Paradiso. Perciò Dio deve essere il “centro e lo scopo della nostra vita”.
1) Hai recitato abitualmente le preghiere del mattino e della sera?
2) Hai forse degli idoli (un uomo, una donna, il denaro, il lavoro, il divertimento, il televisore, ecc.) per i quali non trovi il tempo per la preghiera quotidiana, per la partecipazione alla Messa domenicale, per fare opere buone? Forse per questi idoli non vai tanto per il sottile con la tua coscienza e facilmente trasgredisci la legge di Dio?
3) Hai negato o dubitato volontariamente delle verità di fede, per es. del Paradiso, del Purgatorio, dell'Inferno eterno, ecc.?
4) Hai accettato, appoggiato dottrine, ideologie con dannate dalla Chiesa o che sostengono l'ateismo?
5) Hai prestato fede alle vani superstizioni (cornetto, gobbetto, ferro di cavallo, nastro rosso, ecc.)?
6) Hai fatto ricorso alla magia, agli indovini, ai cartomanti, ai maghi, ecc.? Hai assistito a sedute spiritiche, ecc.?
7) Hai fatto promesse o voti senza mantenerli? (prima di fare un voto o una promessa rivolgiti al Sacerdote per ascoltare il suo consiglio).
2 - Non nominare il nome di Dio invano
La parola di Dio (2 Re 19,3-4) (Is. 37,1-4) dice che la bestemmia porta in casa malattie, disgrazie, angosce, castighi, disonore, ecc. La bestemmia è uno dei peccati più gravi che possa fare un uomo, per cui Mosè, il condottiero liberatore degli Ebrei, aveva ordinato di uccidere colui che bestemmiava.
1) Hai bestemmiato Dio, Maria Santissima, i Santi?
2) Hai nominato i loro nomi con stizza, senza rispetto inutilmente?
3) Hai dato ad altri motivo di bestemmiare?
4) Attribuisci a Dio i mali e le cose storte che avvengono nella vita?
3 - Ricordati di santifìcare le feste
La santa Messa è veramente il Sacrificio di Gesù Cristo sul Calvario reso presente sacramentalmente sui nostri altari. La Chiesa ci obbliga a partecipare alla Messa la domenica e le altre feste comandate. Perdere volontariamente la Messa è peccato grave.
1) Hai perduto per negligenza, per pigrizia, o perché non ne avevi voglia la Messa la domenica e nelle feste di precetto? Vi arrivi abitualmente in ritardo? Forse dici di non trovare assolutamente tempo per parteciparvi: dici una bugia, perché se qualcuno ti desse 50 € ogni volta che vai a Messa non solo ci andresti ogni domenica, ma chiederesti di poterci andare ogni giorno. Ebbene la Messa vale infinitamente di più di 50 €.
4 - Onora il padre e la madre
Dice la parola di Dio (Sir. 3,34): «Chi onora il padre espia i peccati, chi onora la madre accumula tesori... Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli.., e vivrà a lungo... La benedizione del padre consolida le case dei figli, la maledizione della madre ne scalza le fondamenta... Figlio soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Anche se perdesse il senno, compatisci lo e non disprezzarlo, mentre sei nel pieno vigore... Chi insulta la madre è maledetto dal Signore».
1) Hai sempre ubbidito e rispettato i tuoi genitori?
2) Hai mancato loro di rispetto? Li hai ingiuriati, minacciati, picchiati?
3) Li hai trascurati, abbandonati? Preghi per i tuoi genitori?
4) Hai trascurato l'educazione cristiana dei figli? Hai trascurato di sorvegliarli e di correggerli? Per i tuoi figli preghi e offri i tuoi sacrifici?
5) Hai dato loro cattivo esempio, scandalo?
6) Hai ubbidito e rispettato i Superiori Religiosi: il Papa, i Vescovi, i Sacerdoti? Li hai derisi, disprezzati, calunniati?
7) Hai preso parte a discorsi contro la Religione?
5 - Non ammazzare
1) Hai imprecato contro qualcuno, l'hai ingiuriato? L'hai percosso, maltrattato?
2) Gli hai portato invidia, gli hai desiderato del male? Ti sei rallegrato del male capitatogli?
3) Porti odio a qualcuno? Ti sei rifiutato di perdonarlo?
4) Hai dato cattivo esempio o cattivi consigli?
5) Hai approvato, consigliato, favorito, praticato l'aborto, orribile omicidio?
6) Hai provato e sostato nella tentazione di ucciderti?
7) Hai danneggiato la tua salute con abuso di liquori, con droga?
8) Hai guidato l'auto con prudenza, osservando le norme della circolazione stradale per non mettere in pericolo la vita tua e degli altri?
9) Hai soccorso il prossimo in bisogno?
10) Hai cercato di correggere con buone maniere chi bestemmia, fa turpiloquio, o altri gravi peccati?
6-9 - Non commettere atti impuri - Non desiderare la donna di altri
1) Hai coltivato volontariamente pensieri, sguardi, desideri impuri?
2) Hai indotto altri al peccato impuro con sguardi, di scorsi, consigli, cattivi esempi, mode provocanti?
3) Hai commesso azioni impure da solo? Con persone d'altro sesso non sposate? Con persone sposate? Con persone dello stesso sesso? Con animali?
4) Hai letto libri, giornali, riviste, stampe oscene? Li hai dato a leggere ad altri?
5) Hai visto film o spettacoli televisivi scandalosi?
6) Hai frequentato compagnie cattive, discoteche, ecc.?
7) Col tuo modo di agire, di vestire, hai dato ad altri occasioni di pensieri, sguardi, desideri cattivi?
8) Nell'uso del matrimonio hai osservato la legge morale, evitando i mezzi che impediscono la concezione dei figli (pillola, strumenti contraccettivi o altro)?
La dottrina cristiana afferma che è intrinsecamente disonesta ogni azione che (in previsione dell'atto coniugale o nel suo compimento o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali) si propone come fine o come mezzo di rendere impossibile la procreazione (Enc. Familiaris con sortio).
7-10 - Non rubare - Non desiderare la roba degli altri
I) Hai rubato? Il valore era elevato? Hai restituito o trattieni la cosa rubata?
2) Hai imbrogliato nel vendere, nel comprare, o nel la orare?
3) Hai riparati eventuali danni fatti al prossimo?
4) Hai dato la giusta paga al dipendente? Hai danneggiato il datore di lavoro? Ti sei assentato senza vera necessità?
5) Hai pagato puntualmente i debiti?
6) Ha praticato l'usura?
7) Hai invidiato o desiderato i beni degli altri?
8) Ti rattristi del successo, del benessere degli altri?
9) Hai palesato qualche peccato occulto del prossimo? Hai riferito a qualcuno quanto di male hai sentito dire da altra persona contro di lui?
8- Non dire falsa testimonianza
1) Hai detto bugie? Da esse è derivato danno al prossimo?
2) Hai fatto giuramenti falsi? Hai testimoniato il falso?
3) Hai accusato ingiustamente, falsamente qualcuno, cioè hai calunniato?
La calunnia e la falsa testimonianza devono essere riparate per essere perdonate.
4) Hai mantenuto i segreti?
5) Hai criticato, fatto sospetti e giudizi temerari? Sacramenti
1) Hai fatto la Confessione e la Comunione di precetto nel periodo pasquale?
2) Ti sei accostato alla Comunione col peccato grave senza prima confessarti?
3) Hai taciuto avvertitamente qualche peccato grave nelle Confessioni passate?
I divorziati risposati, i conviventi non sposati, vivono in peccato grave e quindi non possono ricevere i Sacra menti della Confessione e della Comunione.
4) Hai fatto al prossimo il bene che ti era possibile?
5) L'hai compatito, sopportato, rispettato?
Vizi capitali
Superbia: hai cercato di valorizzare la tua personalità con mezzi illeciti? Ti sei vantato? Hai umiliato gli altri?
Egoismo: Hai cercato il tuo interesse personale come scopo della vita con mezzi e modi illeciti?
Lussuria: Hai desiderato e ricercato disordinatamente i piaceri sessuali?
Ira: Ti sei impazientito? Incollerito? Hai odiato? Ti sei vendicato?
Gola: Hai mangiato e bevuto alcolici disordinatamente con danno della salute?
Invidia: Hai coltivato amarezza per i beni degli altri? Hai goduto dei mali del prossimo?
Accidia: Hai trascurato i propri doveri per evitare lo sforzo e i sacrifici che l'osservanza richiede?
Terminato l'esame di coscienza pensa quando hai offeso il buon Dio, quanto hai fatto soffrire Gesù Cristo, ed allora domanda perdono:
«Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi e molto più perché ho offeso te, infinitamente buono e degno d'essere amato sopra ogni cosa. Propongo col tuo aiuto di non offenderti mai più e di compensare con molto amore e con opere buone le innumerevoli offese che ti ho fatto nella mia vita. - Santissima Vergine Maria, ti ringrazio della tua assistenza e ottienimi perseveranza e avanzamento nel bene».
Preparazione alla Comunione
La Santa Comunione
“Desidero unirmi con le anime umane; — confidava Gesù alla Beata Suor Faustina — la Mia delizia è unirmi con le anime...
Quando nella santa Comunione vengo in un cuore umano, ho le mani piene di grazie di ogni genere e desidero donarle all'anima, ma le anime non Mi prestano nemmeno attenzione. Mi lasciano solo e si occupano d'altro. Oh, quanto è triste per Me che le anime non conoscano l'Amore!
Quanto Mi addolora che le anime si uniscano COSÌ poco a Me nella santa Comunione! Attendo le anime ed esse sono indifferenti per me. Le amo con tanta tenerezza e sincerità ed esse non si fidano di Me. Voglio colmarle di grazie, ma esse non vogliono riceverle. Trattano con Me come con una cosa inerte eppure ho un cuore pieno d'amore e di misericordia” (476).
Per fare una buona Comunione si richiedono tre cose:
essere in grazia di Dio - sapere e pensare chi si va a ricevere - essere digiuni almeno da un'ora.
1 - Essere in grazia di Dio
Si è in grazia di Dio quando non si ha peccati gravi. Chi è in peccato mortale non può fare la Comunione senza prima aver ottenuto il perdono con la Confessione sacra mentale, altrimenti commetterebbe un grave sacrilegio.
Chi ha invece solo peccati veniali, può fare la Comunione anche senza essersi confessato, perché già si trova in grazia di Dio.
2 - Saper e pensare che si va a ricevere
Quando vai a fare la Comunione sii raccolto e devoto perché ricevi in te Gesù Cristo in persona col suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità.
3- Essere digiuni almeno da un'ora
L'acqua naturale e le medicine si possono prendere in qualsiasi tempo. Conviene fare la Comunione durante la Messa, ma chi fosse impedito può farla anche fuori della Messa, perché il Sacro Cuore, per conseguire la sua Grande Promessa, ha richiesto soltanto la Comunione.
Preghiera da farsi prima di andare a ricevere la Comunione
«Cuore di Gesù, che nella tua infinita bontà, hai pro messo la salvezza eterna a coloro che si comunicano in onore del tuo Sacro Cuore il primo venerdì di mese per nove mesi consecutivi, io ora intendo riceverti nella Santa Comunione secondo la tua intenzione per conseguire la tua Grande Promessa.
Aiutami, Signore, a vivere secondo la tua santa legge, a detestare ogni peccato e a confidare sempre nella tua in finita misericordia».
Ringraziamento dopo la Comunione
«Io credo, o Gesù buono, che tu sei venuto nell'anima mia. Ti adoro dal profondo del mio spirito e ti ringrazio con tutto il cuore di questo insigne beneficio che mi hai fatto col venire in me. Rimani sempre in me con la tua santa grazia e non permettere che mi separi più da te. Tu ti sei dato tutto a me, ed io ti do tutto me stesso con le mie azioni, pensieri, affetti, pene. Io mi consacro tutto a te e intendo accettare dalla tua mano tutte le prove che incontrerò nella mia vita in espiazione dei miei peccati e per la salvezza dei poveri fratelli peccatori.
Quante cose avrei da domandarti, o Gesù buono! Ma sono tanto miserabile che non conosco neppure le grazie che mi sono necessarie. Tu però che conosci i miei bisogni, concedimi tutto quello che è necessario per la salvezza dell'anima mia. Fà che io sia sempre rassegnato alla tua santa volontà, che fugga il peccato e che sia fedele nel l'adempimento dei miei doveri. Infine ti chiedo la grazia di compiere bene questa pratica dei Nove Primi Venerdì col riceverti sempre con le dovute disposizioni.
Pater, Ave, Gloria.
MUNIFICENTISSIMUS DEUS: costituzione apostolica. LA GLORIFICAZIONE DI MARIA CON L'ASSUNZIONE AL CIELO IN ANIMA E CORPO
San G. Cafasso
San Giuseppe Cafasso
Miracoli eucaristici nel mondo
http://www.reginamundi.info/MiracoliEucaristici/
Buona lettura !
Trovate le confessioni di Natuzza: “Ho visto i morti, ecco come sarà l’aldilà e cosa si fa”
In questo aerticolo tratto dal sito pontifex riportiamo quanto scritto da don Marcello Stanzione sulle esperienze di Natuzza Evolo, mistica di Paravati, scomparsa ormai da qualche anno, sull’aldilà raccontato dalle anime che la visitavano in spirito.
Molti anni fa discorrevo con un noto sacerdote carismatico che aveva fondato un gruppo ecclesiale riconosciuto da alcuni Vescovi. Iniziammo a parlare di Natuzza Evolo e, con mia grande sorpresa, il sacerdote affermò che, secondo lui, Natuzza faceva dello spiritismo a buon mercato. Rimasi molto contrariato da questa affermazione, per una forma di rispetto non risposi al famoso sacerdote ma, nel mio cuore, subito pensai che tale grave affermazione nasceva da una forma non nobile di invidia verso una povera donna analfabeta alla quale migliaia di persone si rivolgevano ogni mese ottenendone sempre un sollievo nell’anima e nel corpo. Con gli anni cercai di studiare il rapporto di Natuzza con i defunti e mi resi completamente conto che la mistica calabrese non andava assolutamente considerata come una “medium”. Infatti, Natuzza non invoca i defunti chiedendo loro di venire da lei e …… le anime dei morti le compaiono non per sua decisione e volontà, ma unicamente per volontà delle anime stesse grazie ovviamente al permesso divino.
Quando le persone le chiedevano di avere dei messaggi o delle risposte alle loro domande, da parte dei loro defunti, Natuzza rispondeva sempre che questo loro desiderio non dipendeva da lei, ma unicamente dal permesso di Dio ed invitava loro a pregare il Signore affinché questo loro pio desiderio venisse esaudito. Il risultato era che alcune persone ricevevano messaggi da parte dei loro trapassati, ed altri invece non erano esauditi, mentre Natuzza avrebbe desiderato accontentare tutti. Comunque, l’angelo custode la informava sempre se tali anime nell’aldilà avevano più o meno bisogno di suffragi e di sante Messe.
Nella storia della spiritualità cattolica apparizioni di anime del Paradiso, del Purgatorio e talora anche dell’Inferno, sono avvenute nella vita di numerosi mistici e di santi canonizzati. Per quanto riguarda il Purgatorio, possiamo tra i numerosissimi mistici, ricordare: San Gregorio Magno, da cui è derivata la pratica delle Messe celebrate di seguito per un mese, dette appunto “Messe Gregoriane”; santa Geltrude, santa Teresa d’Avila, santa Margherita da Cortona, santa Brigida, santa Veronica Giuliani e, più vicini a noi, pure santa Gemma Galgani, santa Faustina Kowalska, Teresa Newmann, Maria Valtorta, Teresa Musco, san Pio da Pietrelcina, Edwige Carboni, Maria Simma e tanti altri. E’ interessante sottolineare che mentre per questi mistici le apparizioni delle anime del Purgatorio avevano l’obiettivo di accrescere la loro stessa fede e a spronarli a maggiori preghiere di suffragio e di penitenze, così di affrettare il loro ingresso in Paradiso, nel caso di Natuzza, invece, oltre ovviamente a tutto ciò, questo carisma le è stato accordato da Dio per un’ampia attività di consolazione del popolo cattolico e in un periodo storico in cui, nella catechesi e nella omiletica, il tema Purgatorio è quasi completamente assente, per rafforzare nei cristiani la fede nella sopravvivenza dell’anima dopo la morte e nell’impegno che la Chiesa militante deve offrire a favore delle Chiesa sofferente.
I defunti ribadivano a Natuzza l’esistenza del Purgatorio, del Paradiso e dell’Inferno, a cui venivano inviati dopo la morte, come premio o castigo per la loro condotta di vita. Natuzza, con le sue visioni, confermava l’insegnamento plurimillenario del Cattolicesimo, cioè che immediatamente dopo la morte, l’anima del defunto viene condotta dall’angelo custode, al cospetto di Dio e ne viene perfettamente giudicata in tutti i minimi particolari della sua esistenza. Coloro che venivano inviati nel Purgatorio, richiedevano sempre, tramite Natuzza, orazioni, elemosine, suffragi e soprattutto sante Messe affinché fossero loro abbreviate le pene.
Secondo Natuzza, il Purgatorio non è un posto particolare, ma uno stato interiore dell’anima, la quale fa penitenza “negli stessi luoghi terreni dove ha vissuto ed ha peccato”, dunque anche nelle stesse case abitate durante la vita. Talvolta le anime fanno il loro Purgatorio anche dentro le chiese, quando è stata superata la fase di maggiore espiazione. Il nostro lettore non deve meravigliarsi di queste affermazioni di Natuzza, perché la nostra mistica, senza saperlo, ripeteva cose già affermate da papa Gregorio Magno nel suo libro dei Dialoghi. Le sofferenze del Purgatorio, benché siano alleviate dal conforto dell’angelo custode, possono essere molto aspre. A testimonianza di ciò a Natuzza capitò un singolare episodio: Ella vide una volta un defunto e gli chiese dove si trovasse. Il morto le rispose di trovarsi tra le fiamme del Purgatorio, ma Natuzza, vedendolo sereno e tranquillo, gli osservò che, a giudicare dal suo aspetto, ciò non doveva essere veritiero. L’anima purgante le ribadì che le fiamme del Purgatorio se le portava con sé, dovunque andasse. Mentre proferiva queste parole ella lo vide avvolto dalle fiamme. Credendo che si trattasse di una sua allucinazione, Natuzza gli si avvicinò, ma venne investita dal calore delle fiamme che le procurarono una fastidiosa ustione alla gola e alla bocca che le impedì di nutrirsi normalmente per ben quaranta giorni e fu costretta a rivolgersi alle cure del dottor Giuseppe Domenico valente, medico condotto di Paravati. Natuzza ha incontrato numerosissime anime sia illustri che sconosciute. Lei che ha sempre detto di essere ignorante ha incontrato anche Dante Alighieri, che le ha rivelato di aver scontato trecento anni di Purgatorio, prima di poter entrare in Paradiso, perché anche se aveva composto sotto ispirazione divina, le cantiche della Commedia, purtroppo aveva dato spazio, nel suo cuore, alle proprie simpatie ed antipatie personali, nell’assegnare i premi e le pene: da qui il castigo di trecento anni di Purgatorio, trascorsi però al Prato Verde, senza soffrire altra sofferenza che quella della mancanza di Dio. Numerose testimonianze sono state raccolte sugli incontri tra Natuzza e le anime della Chiesa sofferente.
La professoressa Pia Mandarino, di Cosenza, ricorda: “In seguito alla morte di mio fratello Nicola, avvenuta il 25 gennaio 1968, caddi in uno stato di depressione e persi la fede. Mandai a dire a Padre Pio, che avevo conosciuto tempo prima: “Padre, rivoglio la mia fede!”. Per motivi a me ignoti non ricevetti subito la risposta del Padre e, nel mese di agosto, andai a trovare Natuzza per la prima volta. Le dissi: “Io in chiesa non ci vado, la Comunione non la faccio più…”. Natuzza si fece una risatina, mi accarezzò e mi disse: “Non ti preoccupare, che verrà presto il giorno nel quale non ne potrai fare a meno. Tuo fratello è salvo, ed ha fatto una morte da martire. Ora ha bisogno di preghiere ed è dinnanzi ad un quadro della madonna, in ginocchio, che prega. Soffre perché sta in ginocchio”. Le parole di Natuzza mi rasserenarono e, qualche tempo dopo, mi arrivò, tramite Padre Pellegrino, la risposta di Padre Pio: “Tuo fratello si è salvato, ma ha bisogno di suffragi”. La stessa risposta di Natuzza! Come Natuzza mi aveva predetto, sono ritornata alla fede ed alla frequenza della Messa e dei sacramenti. Circa quattro anni fa ho appreso da Natuzza che Nicola è andato in Paradiso, subito dopo la prima Comunione dei suoi tre nipotini che, a San Giovanni Rotondo, hanno offerto la loro prima Comunione per lo zio”.
La signorina Antonietta Polito di Briatico sul rapporto di Natuzza con l’aldilà porta la seguente testimonianza: “Avevo avuto un litigio con una mia parente. Poco tempo dopo, recatami da Natuzza, ella, posandomi la mano sulla spalla, mi disse: “Vi siete bisticciata?”. “E voi come lo sapete?”. “Me lo ha detto il fratello (defunto) di quella persona. Vi manda a dire di cercare di evitare questi litigi perché lui ne soffre”. Io non avevo parlato per nulla di questo fatto a Natuzza e lei non poteva averlo saputo da nessuno. Mi nominò esattamente la persona con la quale avevo litigato. Un’altra volta Natuzza mi disse a proposito di questo stesso defunto che era contento perché la sorella gli aveva ordinato le messe gregoriane. “Ma chi ve lo ha detto?”, le chiese, e lei: “Il defunto”. Molto tempo prima le avevo domandato notizie di mio padre, Vincenzo Polito, morto nel 1916. mi chiese se avessi una sua foto, ma le risposi di no, perché in quell’epoca non se ne facevano ancora, da noi. La volta seguente che andai da lei mi informò che da molto tempo era in paradiso, perché andava in chiesa mattina e sera. Io non sapevo di questa sua abitudine, perché quando mio padre morì avevo appena due anni. mia madre, poi, da me interpellata, me lo confermò”.
La signora Teresa Romeo di Melito Portosalvo ha dichiarato: “Il 5 settembre 1980 morì una mia zia. Lo stesso giorno dei funerali una mia amica andò da Natuzza e le chiese notizie della defunta. “E’ salva!”, le rispose. Quando furono trascorsi quaranta giorni, io mi recai da Natuzza, ma mi ero dimenticata della zia e non avevo portato con me la sua foto, per farla vedere a Natuzza. Ma questa, appena mi vide, mi disse: “O Teresa, sai chi ho visto ieri? Tua zia, quella vecchierella che è morta per l’ultima (Natuzza non l’aveva mai conosciuta in vita) e mi ha detto “Sono la zia di Teresa. Ditele che sono contenta di lei e di quello che ha fatto per me, che ricevo tutti i suffragi che mi manda e che prego per lei. Io mi sono purificata sulla terra”. Questa mia zia, quando morì, era cieca e paralizzata a letto”.
La signora Anna Maiolo residente a Gallico Superiore narra: “Quando mi recai per la prima volta da Natuzza, dopo la morte di mio figlio, ella mi disse: “Vostro figlio è in un luogo di penitenza, come del resto avverrà a tutti noi. Beato chi può andare in Purgatorio, perché ce ne sono che vanno all’Inferno. Ha bisogno di suffragi, ne riceve, ma ha bisogno di molti suffragi!”. Io allora feci fare varie cose per mio figlio: feci celebrare molte messe, feci fare una statua della Madonnina Ausiliatrice per le Suore, comprai un calice ed un ostensorio in sua memoria. Quando tornai da Natuzza ella mi disse: “Vostro figlio non ha bisogno di niente!”. “Ma come, , Natuzza, l’altra volta mi avevate detto che aveva bisogno di tanti suffragi!”. “Basta tutto quello che avete fatto!”, mi rispose. Io non l’avevo informata di quanto avevo fatto per lui. Sempre la signora Maiolo testimonia: “Il 7 dicembre del 1981, vigilia dell’Immacolata, dopo la Novena, io ritornavo a casa mia, accompagnata da una mia amica, la signora Anna Giordano. In chiesa avevo pregato Gesù e la Madonna, dicendo loro: “Gesù mio, Madonna mia, datemi un segno quando mio figlio entrerà in paradiso”. Giunta vicino a casa mia, mentre stavo per salutare la mia amica, di colpo, vidi nel cielo, sopra la casa, un globo luminoso, della grandezza della luna, che si muoveva, ed in pochi secondi disparve. Mi sembrava che avesse una scia azzurrina. “Mamma mia, cosa è?”, esclamò la signora Giordano, impaurita come me. Corsi dentro a chiamare mia figlia ma il fenomeno era già cessato. Il giorno dopo chiamai l’Osservatorio geofisico di Reggio Calabria, chiedendo se la sera prima ci fosse stato qualche fenomeno atmosferico, o qualche stella cadente di grandi dimensioni, ma mi risposero di non aver osservato niente. “Avete visto un aereo”, mi dissero, ma ciò che io e la mia amica avevamo visto non aveva nulla a che fare con gli aerei: era una sfera luminosa simile alla luna. Il 30 dicembre successivo mi recai con mia figlia da Natuzza, le narrai il fatto, ed ella mi spiegò così: “Era una manifestazione di vostro figlio che entrava in paradiso”. Mio figlio era morto il 1° novembre 1977 ed il 7 dicembre 1981 era dunque entrato in paradiso. Natuzza, prima di questo episodio, mi aveva sempre assicurato che lui stava bene, tanto che, se io lo avessi visto nel posto dove stava, gli avrei certo detto: “Figlio mio, stai pure là” e che pregava sempre per la mia rassegnazione. Quando io dicevo a Natuzza: “Ma non aveva fatto ancora la cresima”, ella avvicinandosi a me, e parlandomi col volto, come fa, con la lucentezza dei suoi occhi, mi rispondeva: “Ma era puro di cuore!”.
Il professor Antonio Granata, docente all’Università di Cosenza, porta quest’altra sua esperienza con la mistica calabrese: “Martedì 8 giugno 1982, durante un colloquio, mostro a Natuzza le fotografie di due mie zie, di nome Fortunata e Flora, morte da un paio d’anni e alle quali sono stato molto affezionato. Ci scambiammo queste frasi: “Queste sono due mie zie morte da qualche anno. Dove si trovano?”. “Sono in un luogo buono”. “Sono in paradiso?”. “Una (indicando la zia Fortunata) è al Prato Verde, l’altra (indicando la zia Flora) è in ginocchio davanti al quadro della Madonna. Comunque sono salve tutte e due”. “Hanno bisogno di preghiere?”. “Potete aiutarle ad accorciare il loro periodo d’attesa” e, prevedendo una mia ulteriore domanda aggiunge: “E come potete aiutarle? Ecco: recitando qualche Rosario, qualche preghiera durante il giorno, facendo qualche comunione, o se fate qualche opera buona la dedicate a loro”. Il professor Granata continua nel suo racconto: “Nei primi giorni del luglio successivo faccio un pellegrinaggio ad Assisi con dei Frati francescani e rivengo in contatto con la realtà dell’indulgenza della Porziuncola che conoscevo superficialmente già da anni (infatti già molte volte avevo visitato la Porziuncola) ma alla quale non attribuivo alcun significato particolare non avendo riacquistato la fede. Ma adesso una indulgenza plenaria mi sembrò una cosa strabiliante, “dell’altro mondo”, e decido subito di lucrarla per le mie zie. Stranamente, per quanto mi informi, non riesco ad ottenere chiare informazioni sulla corretta prassi da seguire: penso che essa possa essere lucrata in ogni giorno dell’anno e così infatti faccio durante quel pellegrinaggio chiedendola per entrambe le mie zie. Fortunatamente, alcune settimane dopo, nella mia parrocchia, trovo nel fogliettino della Messa domenicale la prassi corretta, da eseguirsi tra il 1° e il 2 agosto e a favore di una sola persona. Il 1° agosto 1982, dopo varie peripezie (non è facile confessarsi e comunicarsi nel mese di agosto!), chiedo l’indulgenza per la zia Fortunata. Mercoledì, 1° settembre 1982, ritorno da Natuzza e mostrandole le foto delle mie zie accenno alle risposte da lei datemi precedentemente e alla mia richiesta dell’indulgenza della Porziuncola. Natuzza ripete tra di sé: “L’indulgenza della Porziuncola” e guardando le foto risponde subito senza esitazioni: “Questa (indicando la zia Fortunata) è già in paradiso; questa (indicando la zia Flora) non ancora”. Io rimango molto sorpreso e contento e chiedo per conferma: “Ma è stato proprio per l’indulgenza?”. Natuzza risponde: “Sì, sì, l’indulgenza della Porziuncola”. Voglio aggiungere che io rimasi molto stupito e confortato da questo episodio: stupito di come una grazia così grande sia stata concessa dietro pochissima fatica da parte mia; confortato e felice del fatto che una preghiera detta da un poveretto come me sia stata ascoltata. Sento come se con questa grazia sia stato suggellato il mio recente ritorno alla Chiesa. Riguardo alla zia Flora chiedo l’indulgenza plenaria il 1° novembre successivo e giovedì 18 novembre 1982 ricevo da Natuzza la seguente risposta: “Adesso (Flora) si trova in paradiso si trova al Prato Verde; è andata lì per i suffragi ricevuti”.
Il dottor Franco Stilo racconta: “Nel 1985 o nel 1984 mi sono recato da Natuzza e le ho fatto vedere le foto di una mia zia e di mio nonno, defunti. Le feci vedere prima la foto di mia zia. Natuzza, immediatamente, con una rapidità impressionante, senza nemmeno pensarci minimamente, si illuminò nel volto e, tutta contenta, disse: “Questa è santa, si trova in paradiso con la Madonna”. Quando prese la foto di mio nonno, cambiò invece espressione, e disse: “Questo ha molto bisogno di suffragi”. Io rimasi stupefatto per la rapidità e la sicurezza con la quale diede le risposte. La zia, Antonietta Stilo, nata il 3.3.1932 e morta l’8.12.1980 a Nicotera, fin da bambina era religiosissima e a 19 anni andò a Napoli per diventare suora, ma subito dopo si ammalò e non potè proseguire, ma pregava sempre, era molto buona e gentile con tutti, ed offrì sempre la sua malattia al Signore; mio nonno Giuseppe Stilo, invece, il padre della zia, nato il 5.4.1890 e morto il 10.6.1973 non pregava mai, non andava mai a messa, qualche volta bestemmiava e forse non credeva in Dio, mentre la zia era tutto l’opposto. Natuzza di tutto ciò naturalmente non poteva sapere nulla ed io, ripeto, rimasi meravigliatissimo per la rapidità eccezionale con la quale Natuzza mi diede le risposte”.
Il professor Valerio Marinelli, uno scienziato autore di diversi libri sulla Evolo, una volta le domandò: “Soffrono anche il freddo, ad esempio, le anime del Purgatorio?”. E lei: “Sì, anche il vento e il gelo, a seconda dei peccati hanno una pena particolare. Ad esempio ai superbi, ai vanitosi ed agli orgogliosi, è destinato di stare nel fango, ma non è un fango normale, è un fango di putredine. Il tempo nell’aldilà è come questo qua, ma sembra più lento a causa della sofferenza. Nessuno conosce i misteri dell’aldilà, e gli scienziati conoscono solo la millesima parte di quello che c’è qui nel mondo terreno”.
Il dottor Ercole Versace di Reggio Calabria ricorda: “Un mattino di tanti anni fa, mentre io, mia moglie e Natuzza pregavamo insieme nella cappellina a Paravati, e non c’era nessun altro con noi, ad un certo punto Natuzza divenne luminosa in volto e mi disse: “Dottore, voi avevate un fratello che è morto quando era piccolo?”. Ed io: “Sì, perché?”. “Perché è qua con noi!”. “Sì, e dove sta?”. “In un prato verde, bellissimo”. Si trattava di mio fratello Alberto, che morì a quindici anni, il 21 maggio 1940, per un attacco appendicolare, mentre studiava a Firenze al Collegio della Quercia. Natuzza non aggiunse altro”.
Suor Bianca Cordiano delle Missionarie del Catechismo, dichiara: “Ho chiesto molte volte a Natuzza dei mie parenti defunti. Quando le ho domandato di mia madre mi ha detto subito, con un’espressione di gioia: “E’ in paradiso! Era una santa donna!”. Quando le domandai di mio padre, mi disse: “La prossima volta che venite vi darò la risposta”. Quando la rividi, Natuzza mi disse: “il 7 ottobre fate celebrare una Messa per vostro padre, perché salirà in paradiso!”. Rimasi colpita profondamente da queste sue parole, perché il 7 ottobre è la festa della Madonna del Rosario e mio padre si chiamava proprio Rosario. Natuzza non conosceva il nome di mio padre”. E’ opportuno adesso riportare una parte dell’intervista del 1984 concessa dalla mistica calabrese al noto professore Luigi Maria Lombardi Satriani, docente di antropologia di estrazione marxista che però ha sempre lodato Natuzza Evolo, insieme all’illustre docente anche la giornalista Maricla Boggio intervistò Natuzza, utilizziamo le iniziali D. per Domanda e R. per risposta: “D. – Natuzza, sono ormai migliaia le persone che sono venute da lei e continuano a venire. Per che cosa vengono, quali bisogni vi dicono, quali richieste vi fanno? R. – Richieste per malattie, se il medico ha indovinato la cura. Domandano per i morti, se sono in paradiso, se sono in purgatorio, se hanno bisogno o no, per consigli. D. – E voi come fate a rispondere loro. Per i morti, ad esempio, quando vi domandano dei morti. R. – Per i morti li riconosco se li ho visti per esempio 2, 3 mesi prima; se li ho visti un anno prima non li ricordo, ma se li ho visti da poco tempo li ricordo, attraverso la fotografia li riconosco. D. – Quindi vi mostrano la fotografia e voi potete anche dire dove si trovano? R. – Sì, dove si trovano, se sono in paradiso, in purgatorio, se hanno bisogno, se mandano a dire qualche messaggio ai parenti. D. – Voi potete anche riferire ai morti messaggi dei vivi, dei familiari? R. – Sì, pure dei vivi. D. – Ma una persona, quando muore, voi subito dopo potete vederla o no? R. – No, dopo quaranta giorni. D. – E dove si trovano durante questi quaranta giorni le anime? R. – Non dicono dove, non hanno mai parlato di questo. D. – E loro possono essere al purgatorio o al paradiso o all’inferno? R. – O all’inferno, sì. D. – O anche in qualche altro posto? R. – Loro dicono che il purgatorio lo fanno sulla terra, dove hanno vissuto, dove hanno commesso i peccati. D. – Voi certe volte parlate del prato verde. Che cos’è il Prato Verde? R. – Loro lo dicono, che è l’anticamera del paradiso. D. – E voi come fate a distinguere, quando vedete le persone, se sono vive o se sono morte. Perché voi le vedete contemporaneamente. R. – Non sempre le distinguo, perché tante volte mi è capitato di dare la sedia ad un morto perché non distinguo se è vivo o se è morto. Distinguo solo le anime del paradiso perché sono sollevate da terra. Le altre invece no, le piglio per vivi. Infatti quante volte do loro la sedia e loro mi dicono: “Non ho bisogno perché sono un’anima dell’altro mondo”. E poi mi parla del parente presente perché tante volte capita che, quando viene, per esempio, una persona, è accompagnata dal fratello morto o dal padre che mi dice tante cose da suggerire al figlio. D. – Queste voci dei morti le ascoltate solo voi? Gli altri nella stanza non le sentono? R. –No, solo io, io ripeto quello che sento.
Lo scienziato Valerio Marinelli che, a lungo, ha studiato i fenomeni paranormali di Natuzza raccogliendo varie testimonianze, ricorda: “Nel 1985 la signora Jolanda Cuscianna, di Bari, mi incaricò di chiedere a Natuzza della mamma Carmela Tritto, morta nel settembre del 1984. questa signora era stata testimone di Geova e la figlia era preoccupata per la sua salvezza. Già padre Pio, quando la mamma era ancora in vita, le aveva detto che si sarebbe salvata, ma la signora Cuscianna voleva la conferma di Natuzza. Natuzza, alla quale non parlai del responso di Padre Pio, ma dissi solo che era stata testimone di Geova, mi disse che quell’anima era salva, ma che aveva bisogno di suffragi. La signora Cuscianna pregò molto per la mamma e le fece celebrare anche le Messe gregoriane. Quando fu richiesto a Natuzza, un anno dopo, ella disse che era andata in paradiso”.
Sempre il professor Marinelli ricorda, riguardo alla tematica del Purgatorio: “Padre Michele la interrogò dopo su questo tema, e Natuzza gli ribadì che effettivamente le sofferenze del Purgatorio possono essere molto acute, tanto che si parla di fiamme del Purgatorio, per farci capire l’intensità del loro dolore. Le anime del Purgatorio possono essere suffragate dagli uomini vivi, ma non dalle anime dei defunti, nemmeno da quelle del paradiso; soltanto la Madonna, tra le anime del cielo, può aiutarle. E durante la celebrazione della Messa, disse Natuzza a padre Michele, molte anime si affollano all’interno delle chiese, aspettando come mendicanti la preghiera del sacerdote a loro vantaggio. Il 1° ottobre del 1997 ebbi l’occasione di incontrare Natuzza presso la Casa Anziani, alla presenza di padre Michele, e tornai ancora con lei su questo argomento. Le chiesi se fosse vero che le sofferenze della terra sono poca cosa rispetto a quelle del Purgatorio, e lei mi rispose che le pene del Purgatorio sono sempre commisurate ai peccati compiuti dalla singola anima; che le sofferenze terrene, se accettate con pazienza ed offerte a Dio, hanno grande valore, e possono accorciare di molto il proprio Purgatorio: un mese di sofferenza terrena potrebbe evitare, ad esempio, un anno di purgatorio, come capitò a mia madre; mi ricordò Natuzza, che con la sua malattia avuta prima di morire ebbe risparmiata una parte di Purgatorio e andò quasi subito al Prato Verde, dove non si soffre pur non avendo ancora la visione beatifica. Le sofferenze del Purgatorio, aggiunse Natuzza, possono essere talvolta più aspre perfino di quelle dell’Inferno, ma le anime le sopportano volentieri perché sanno che prima, o dopo, avranno la visione eterna di Dio e sono sorrette da questa certezza; inoltre arrivano a loro i suffragi che mitigano ed abbreviano le loro pene. Qualche volta hanno il conforto dell’angelo custode. Tuttavia a qualche anima che aveva gravemente peccato, ha raccontato Natuzza, è capitato di essere rimasta per molto tempo in dubbio sulla propria salvezza, stando sopra un precipizio da dove da una parte c’era il buio, da un’altra il mare, e dall’altra il fuoco, e l’anima non sapeva se fosse in Purgatorio oppure all’Inferno. Solo dopo quarant’anni apprese di essersi salvata, e fu felicissima”.
Le testimonianze sulle visioni di Natuzza sul Purgatorio sono in accordo con i dati del Magistero, inoltre esse costituiscono una conferma preziosa di verità di fede professata. Natuzza ci fa capire che cosa significhi infinita misericordia e infinita giustizia di Dio, che non sono in contrasto tra di loro, ma si armonizzano mirabilmente senza nulla togliere né alla misericordia né alla giustizia. Natuzza sottolinea spesso l’importanza delle preghiere e dei suffragi per le anime del Purgatorio e soprattutto la richiesta di celebrazioni di sante Messe ed in tal modo sottolinea l’infinito valore del sangue di Cristo Redentore. La lezione della Evolo è estremamente preziosa oggi in un periodo storico nel quale impazzano il pensiero debole relativista ed il nichilismo. Il messaggio di Natuzza è un forte richiamo alla realtà e al buonsenso. In particolare Natuzza invita ad avere un profondo senso del peccato. Una delle grandi disgrazie di oggi è appunto la perdita completa del senso del peccato. Le anime purganti sono in numero enorme. Ciò ci fa capire sia la misericordia di Dio, che salva quanto più è possibile, e sia i difetti e le carenze anche delle anime migliori.
La vita di Natuzza è servita non solo ad aiutare le anime sofferenti in Purgatorio, ma a rinvigorire la coscienza di tutti coloro che si rivolgevano a lei sulla gravità del peccato e così impostare una vita cristiana molto più rigorosa e impegnata moralmente. Natuzza parlava spesso del Purgatorio ed anche questo è un suo grande insegnamento perché purtroppo, assieme ai Novissimi, anche il tema del Purgatorio è quasi completamente scomparso dalla predicazione e dall’insegnamento di molti teologi cattolici. La ragione è costituita dal fatto che oggi tutti (anche gli omosessuali) ci crediamo talmente buoni da non poter meritare altro che il Paradiso! Qui c’è certamente la responsabilità della cultura contemporanea che tende a negare il concetto stesso di peccato, cioè proprio di quella realtà che la fede lega all’Inferno e al Purgatorio. Ma nel silenzio sul Purgatorio c’è anche qualche altra responsabilità: la protestantizzazione del cattolicesimo. In conclusione l’insegnamento di Natuzza sul Purgatorio può essere sommamente utile alla salvezza dell’anima dei cattolici del XXI secolo che vorranno ascoltarla.
Quotidiano La croce
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