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Cattivo Concilio...

Terzo segreto di Fatima: caso riaperto da nuove dichiarazioni
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 (di Mauro Faverzani) Il 15 maggio dell’anno scorso, festa di Pentecoste, il teologo tedesco padre Ingo Döllinger, già segretario dell’allora Vescovo di Augusta, mons. Josef Stimpfle, e stretto collaboratore di san padre Pio, diede il proprio assenso alla giornalista Maike Hickson, affinché pubblicasse sul sito OnePeterFive queste affermazioni: «Non molto dopo la pubblicazione nel giugno 2000 del Terzo Segreto di Fatima da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, il card. Joseph Ratzinger disse a padre Döllinger, nel corso di una conversazione, che c’è una parte del Terzo Segreto ancora non pubblicata!».
Quella diffusa è autentica, ma «c’è di più di quello che abbiamo pubblicato», avrebbe affermato ancora, in quella circostanza, l’allora card. Ratzinger. La parte inedita, in particolare, parlerebbe di «un cattivo Concilio e di una cattiva Messa», che sarebbero stati a breve introdotti. Il 21 maggio giunse, in merito, la pubblica smentita da parte della Sala Stampa vaticana: mai Benedetto XVI avrebbe parlato di Fatima col prof. Döllinger ed, in ogni caso, «la pubblicazione del Terzo Segreto» sarebbe «completa».
Ora, però, Giuseppe Nardi, direttore dell’autorevole sito cattolico tedesco Katholisches.info, ha trovato una nuova fonte,  che conferma la versione apparsa originariamente su OnePeterFive: si tratta di Gottfried Kiniger, amico carissimo del prof. Döllinger, oggi ottantenne, a lungo impegnato politicamente. Dopo aver appreso della smentita giunta da Roma, Kiniger è parso molto turbato, non sapendo capacitarsene: quanto scritto da Maike Hickson corrisponde effettivamente, a suo giudizio, a quanto dettogli dallo stesso padre Döllinger 17 anni fa.
Per questo Kiniger ha deciso di rilasciare a Nardi una nuova intervista lo scorso 17 gennaio, approvandone la pubblicazione. In essa, lui è molto chiaro: «Non ricordo la data esatta, ma eravamo ancora nel 2000, di questo sono certo – afferma –. Nell’autunno ho fatto visita, come di consueto, a Padre Döllinger, essendo amici di lunga data. In quell’occasione lui mi rivelò di aver incontrato il card. Ratzinger – allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede –, poco dopo la conferenza-stampa [tenutasi a Roma in giugno, relativa alla pubblicazione del Terzo Segreto di Fatima-NdR]. Ed il Cardinale gli disse: “Ciò che abbiamo pubblicato, non è tutto il Segreto”. In quel momento, in sagrestia erano presenti anche altri sacerdoti, alcuni dei quali alti prelati».
A quel punto, l’allora cardinale avrebbe aggiunto: «“Siamo stati incaricati di farlo”. Parole, che padre Döllinger interpretò così: Giovanni Paolo II avrebbe voluto e ordinato questo. Quando padre Döllinger mi disse queste cose, erano presenti anche altre persone». Non solo: «Anche negli anni a seguire, padre Döllinger ha parlato più e più volte di questo episodio in occasione dei nostri incontri, la maggior parte delle volte sempre in presenza di altri. Non erano un segreto. Questo è quanto il Cardinale gli disse, questo è quanto lui riferiva. Per me non v’è alcun dubbio che padre Döllinger, di cui ho piena fiducia, abbia descritto questa storia in modo veritiero. Perché avrebbe dovuto inventarsi questa conversazione ed il suo contenuto, parlandone oltre tutto così apertamente? Non so per quale motivo Roma smentisca. È come se si volesse chiudere il caso Fatima. Ma non funziona».
In effetti, è vero: se difficile è tirare delle conclusioni, difficile è anche considerare il caso chiuso. (Mauro Faverzani)

L'incontro di Mirjana con Giovanni Paolo II

L'incontro di Mirjana con Giovanni Paolo II

Domanda: Ci puoi dire qualcosa del tuo incontro con Giovanni Paolo II?

MIRJANA – Quello è stato un incontro che io non dimenticherò mai nella mia vita. Sono stata a San Pietro con un sacerdote italiano insieme agli altri pellegrini. E il nostro Papa, santo Papa, passava e dava benedizione a tutti, e così anche a me, e stava andando via. Quel sacerdote lo ha chiamato, dicendogli: “Santo Padre, questa è Mirjana di Medjugorje”. E Lui è tornato di nuovo indietro e mi ha dato di nuovo la benedizione. Così ho detto al sacerdote: “Non c’è niente da fare, Lui pensa che ho bisogno di doppia benedizione”. Dopo, nel pomeriggio, abbiamo ricevuto una lettera con un invito a recarci l’indomani a Castel Gandolfo. La mattina dopo ci siamo incontrati: eravamo soli e in mezzo ad altre cose il nostro papa mi ha detto: “Se io non fossi Papa, già sarei venuto a Medjugorje. So tutto, seguo tutto. Proteggete Medjugorje perché è speranza per tutto il mondo; e chiedi ai pellegrini di pregare per le mie intenzioni”. E, quando il Papa è morto, dopo qualche mese è venuto qua un amico del Papa che ha voluto rimanere in incognito. Ha portato le scarpe del Papa, e mi ha detto: “Il Papa aveva sempre tanto desiderio di venire a Medjugorje. E io scherzando gli dicevo: Se tu non vai, porto le tue scarpe, così, in modo simbolico, camminerai anche tu su quella terra a cui vuoi bene così tanto. Così ho dovuto mantenere la promessa:
ho portato le scarpe del Papa”.

Papa Giovanni Paolo II e Medjugorje

La verità di Papa Giovanni Paolo II su Medjugorje


Non è un segreto: Papa Giovanni Paolo II amava Medjugorje, pur non avendo mai potuto visitarla perché non ne era stato autorizzato il culto. Nel 1989 pronunciò queste parole: “Il mondo di oggi ha perso il senso del soprannaturale, ma molti lo cercano e lo trovano a Medjugorje, grazie alla preghiera, alla penitenza, e al digiuno”. Il suo amore per Medjugorje è testimoniato anche dai frequenti rapporti che ebbe con i veggenti, i sacerdoti, e i vescovi della zona.

Si racconta che un giorno, durante le sue consuete benedizioni tra la folla, benedisse inconsapevolmente Mirjana Dravicevic Soldo. Informato da un prete che si trattava di una veggente di Medjugorje, tornò indietro, la benedisse nuovamente, e la invitò a Castelgandolfo. Incontrò personalmente anche Vicka, rilasciandole una benedizione ufficiale. E anche Jozo ha potuto incorniciare la benedizione scritta del Papa.

Incontrando un gruppo di fedeli croati, Papa Wojtyla riconobbe immediatamente e si intrattenne con Jelena e Marijana, due veggenti più giovani e molto meno note perché ricevettero solo locuzioni interiori. Le riconobbe dalle foto che aveva visto, testimonianza del fatto che il Papa era informatissimo sui fatti di Medjugorje.

Ai Vescovi che chiedevano il suo parere circa eventuali pellegrinaggi a Medjugorje il Papa rispondeva sempre con grande entusiasmo, sottolineando spesso che Medjugorje è “il centro spirituale del mondo”, che i messaggi della Madonna di Medjugorje non erano in contrasto con il Vangelo, e che la quantità di conversioni avvenute lì non poteva essere altro che un fattore positivo.


Cammino di San Benedetto

Cammino di San Benedetto

La preghiera insegnata dall'Angelo della PAce a Fatima

La preghiera insegnata dall’Angelo della Pace a Fatima
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-“Non abbiate paura. Sono l’Angelo della Pace. Pregate con me”
-“Pregate! Pregate molto! I Cuori santissimi di Gesù e di Maria hanno su di voi disegni di misericordia. Offrite costantemente all’Altissimo preghiere e sacrifici”.
Prima delle apparizioni della Madonna  a Fatima , i tre pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta (Lúcia de Jesus dos Santos, e i suoi cugini Francisco e Jacinta Marto), tutti residenti nel villaggio di Aljustrel, parrocchia di Fátima ebbero tre visioni dell’ Angelo del Portogallo, o Angelo della Pace, nella Loca do Cabeço. In queste tre apparizioni, succedutesi tra la primavera e l’estate del 1916, l’Angelo insegnò ai tre pastorelli di Fatima una PREGHIERA di adorazione e di intercessione:
“Mio Dio io credo, adoro, spero e Ti amo, ti chiedo perdono per tutti quelli che non credono, non adorano, non sperano e non Ti amano. Santissima Trinità, Padre Figlio e Spirito Santo, Vi adoro profondamente e Vi offro il preziosissimo Corpo Sangue Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, dei sacrilegi e delle indifferenze con cui è offeso. E per i meriti infiniti del Sacratissimo Cuore di Gesù e per l’intercessione del Cuore Immacolato di Maria, Vi chiedo la conversione dei poveri peccatori “.
Possiamo apprezzare l’efficacia di questa preghiera in maniera corretta quando concepiamo questa preghiera come il compimento dei due comandamenti più grandi, dell’amore a Dio e al prossimo, dalle quali “deriva tutta la Legge e i profeti” (Mt 22, 39). Allo stesso modo insegna San Paolo: ” Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso” (Gal 5, 14; cf Rm 13, 8. 10). Se comprendiamo qualcosa di questa verità, allora non ci meraviglieremo più che dei ragazzini quasi analfabeti, per mezzo di questa orazione che recitavano per ore intere, fecero in pochissimo tempo tanto bene in virtù e santità.
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Però l’Angelo non ci dà soltanto una formula semplice di preghiera per il compimento di questo comandamento, in modo che possiamo realizzarlo per noi stessi. Quello che l’Angelo desidera ardentemente è che crediamo con lui, che ADORIAMO GESU’ EUCARISTIA CON LUI. Così come lo desidera anche il nostro Angelo custode, che noi ci inginocchiamo e preghiamo insieme a lui. Se facciamo questo, il Signore potrà realizzare una delle promesse più belle, “dove sono due o tre riuniti nel Mio Nome, ci sono Io in mezzo a loro” (Mt 20).
La preghiera indicata dall’Angelo di Fatima la possiamo recitare molte volte durante il giorno come una giaculatoria insieme al nostro Angelo e camminare così alla presenza di Dio.
Nella sua ultima apparizione, così come la descrive Lucia nei suoi manoscritti, l’Angelo della Pace apparve “con un calice nella mano sinistra e sospesa su di esso un’Ostia, dalla quale cadevano nel calice alcune gocce di Sangue. Lasciando il calice e l’Ostia sospesi in aria, si prostrò a terra vicino a noi e ripeté tre volte la preghiera che ci aveva insegnato…
Poi, sollevandosi, prese di nuovo in mano il calice e l’Ostia, e diede l’Ostia a me e ciò che conteneva il calice lo diede da bere a Giacinta e a Francesco, dicendo nello stesso tempo:

‘Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i loro delitti e consolate il vostro Dio’.

Di nuovo si prostrò a terra e ripeté con noi altre tre volte la stessa preghiera e scomparve.
Portati dalla forza del soprannaturale, che ci avvolgeva, imitavamo l’Angelo in tutto, cioè prostrandoci come lui e ripetendo le preghiere che lui diceva. La forza della presenza di Dio era così intensa, che ci assorbiva e ci annientava quasi completamente. Sembrava che per un grande lasso di tempo ci privasse perfino dell’uso dei sensi corporali. In quei giorni facevamo le azioni materiali come portati da questo essere soprannaturale che a ciò ci spingeva. La pace e la felicità che sentivamo era grande, ma soltanto interiore, con l’anima completamente concentrata in Dio.”
La maniera in cui l’Angelo di Fatima, non solamente si inginocchiò, ma toccava anche il suolo con la sua fronte, sarà per noi un’indicazione di come dobbiamo pregare, con tutta la devozione, affinché la nostra preghiera non sia solamente un’orazione delle labbra. Nella chiesa Ortodossa si sono conservati dei gesti che, un tempo, erano diffusi anche in Occidente. Uno di questi è la metania nella sua forma piccola e grande. La grande metania può essere compresa con il termine di “ prostrazione”. Questi gesti sono particolarmente frequenti durante il periodo quaresimale ma possono trovarsi anche al di fuori di tale tempo liturgico come, ad esempio, nei giorni precedenti il 15 agosto durante il canto del Canone Paracletico alla Madonna Theotokos. Ad essi deve essere associato un senso di compunzione e di serena penitenza. Attraverso questi gesti il corpo viene particolarmente coinvolto nella preghiera dei cristiani ortodossi. Durante il periodo quaresimale  L’Angelo diceva ai ragazzini: “Pregate così! I cuori di Gesù e di Maria sono attenti alla voce della vostra supplica”. Queste parole “recitate così” ripetono letteralmente le parole di Gesù ai suoi apostoli quando insegnò loro a recitare il Padre Nostro (Mt 6, 9). Come scrive Sant’Agostino, il Padre Nostro non solo è la migliore di tutte le preghiere, ma anche esempio di tutte le preghiere. Per questo neanche l’Angelo del Portogallo ha voluto imporre ai ragazzini una formula determinata, ma ancora meglio volle insegnare che l’amore a Dio e al prossimo sarà il cuore di tutte le orazioni.
Alcune persone si lasciano facilmente scoraggiare nella preghiera, si sentono sole e abbandonate, è meglio che ascoltino queste verità di fede e sappiano che tutto il bene ci viene attraverso la preghiera. Sant’Alfonso, grande devoto di san Michele Arcangelo,  ci assicura che sempre e in tutti i luoghi ci viene offerta una grazia, cioè la grazia della preghiera; per mezzo della preghiera possiamo ricevere tutto il bene di Dio.
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Dopo l’Angelo scomparve e lasciò i ragazzini soli per un mese per vedere se rimanevano fedeli alla grazia ricevuta e al loro proposito. Senza parlare con nessuno, eccetto che tra di loro, senza altre visite consolatrici dell’Angelo, i ragazzini si mostrarono fedeli al loro intento. Lucia notò: “Le parole dell’Angelo segnarono così profondamente i nostri cuori, che mai abbiamo dimenticato. A partire da questo momento molte volte recitiamo la preghiera, prostrati a terra, come l’abbiamo visto fare all’Angelo e ripetiamo le sue parole fino a quando non ci sentiamo esausti”. Con questo esercitavano una generosità eroica a favore della conversione dei peccatori.

Don Marcello Stanzione

Raccolta Messaggi di Medjugroje


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